“Era questa di Genadas un’antica popolazione, la quale per le continue vessazioni che pativa dalle masnade dè malviventi, che saccheggiavano le case e si portavano via le fanciulle, lasciò l’antica sede sulla gran via, e andò in Nureci non già fondando il paese ma ingrandendolo”.
Così riferiva l’Angius a proposito del villaggio scomparso di Genadas. Notizie certe della sua esistenza si hanno nel documento di “censi e decime”, con citazione del 16 maggio 1346, quando il rettore di Genadas versa 1 libra, 14 soldi e 6 denari all’Archidiocesi Arborense, per finanziare la guerra contro i mori infedeli.
Il villaggio venne chiamato anche “Gonnades” o “Tinades” e venne abbandonato dalla popolazione tra il 1453 e il 1494, a causa delle continue scorribande dei barbaricini che transitavano nell’adiacente “Bia de is camminantis”, che collegava i territori della Barbagia con quelli del Campidano.
Sul luogo ove sono stati ritrovati numerosi resti archeologici dell’antico abitato, oggi vi sorge una bella chiesetta campestre dedicata al culto di origine bizantina della Madonna d’Itria. Nel mese di maggio di ogni anno vi si svolgono i festeggiamenti a lei dedicati.
La tradizione popolare tramandata oralmente, narra di un pastore di quell’antico villaggio di Genadas, che seguendo l’armento scoprì una sorgente che denominò “Funtana e susu”, che per la ricchezza e qualità dell’acqua, lo convinse a stabilirvisi nei pressi, con la sua famiglia.
Istituì di fatto il primo nucleo familiare di quello che poi accrescendosi con il seguito di altri abitanti di Genadas, diede vita al villaggio di Nureci, che si è sviluppato a valle di essa.
Oggi quella sorgente è ancora in uso e provvede a fornire come allora, acqua fresca, abbondante e cristallina e rappresenta a pieno titolo, uno dei luoghi dell’identità e della memoria della comunità nurecese.
"di Arch. J. Pierino Porru"